Palio

E’ Giraffa! E Scompiglio cala il tris

La Contrada della Giraffa ha vinto il suo 35° Palio: la Carriera dedicata alla Madonna di Provenzano, e Siena ha rinnovato l’appuntamento con la storia dimostrando, ancora una volta, di saper coniugare tradizione e ritualità con le dinamiche e le sfide del presente.

Oltre le trasformazioni e le tensioni del villaggio globale, il Palio come da sempre riesce a fare, ha riaffermato la sua dimensione unica ed eterna, all’interno di un tempo magicamente sospeso nel quale, tra sacro e profano, la città riscopre i tratti più profondi della propria identità. “Un’avventura straordinaria dell’immaginazione”, come la definiva il semiologo Omar Calabrese. Capace di catturare le emozioni più disparate e modulare i sentimenti più estremi: auspici e timori, gioia e tristezza, giubilo e delusione, secondo la logica binaria del contrasto netto che la città esprime sin dal suo stemma in bianco-nero, la Balzana.

Jonatan Bartoletti, detto Scompiglio, ha vinto per la terza volta consecutiva, dopo il “cappotto” nella Lupa dello scorso anno, arrivando a conquistare il suo quinto Palio. Bartoletti montava Sarbana, una femmina di sei anni, che ha corso per la seconda volta sul tufo di Piazza del Campo.

Prima della corsa la sfilata del Corteo Storico. Passi solenni e cadenzati dal ritmo dei tamburi, mentre il fruscio delle bandiere creava giochi di abilità con alzate e volteggi fatti più con il cuore che con le mani. Orgoglio puro per ogni contradaiolo.

Tra i tanti turisti affascinati, i senesi, tutti, sono rimasti dentro quel loro universo di suoni e colori, dove ogni nota e ogni cromatismo rimanda ad un passato che ogni volta è presente e, cosa unica, è già futuro, perché si ripeterà con il Palio del 16 agosto, e ancora, e ancora, finché questo popolo straordinario riuscirà a riconoscersi in un comune senso di appartenenza attraverso un gioco secolare, contenitore di valori e sentimenti sempre più distanti da una contemporaneità che li mette al margine della vita.

Dopo un’ora e mezza di attesa e molti tentativi di ingresso fra i canapi, il cavallo esordiente Tornasol andato in sorte alla Tartuca, e montato dall’esperto Luigi Bruschelli, detto Trecciolino, è stato ritirato in seguito all’applicazione dell’articolo 50 del Regolamento del Palio sulla base del quale l’impossibilità di correre viene dichiarata dall’autorità comunale in caso di una sopravvenuta “malattia” talmente grave da far ritenere che possa trovarsi nell’impossibilità di correre, su conforme parere espresso all’unanimità da un Collegio veterinario composto dal veterinario comunale, da quello nominato dal Magistrato delle Contrade e da un terzo di fiducia della Tartuca, dinanzi ai Deputati della Festa. Si è giunti, così, all’esclusione del barbero Tornasol, in virtù del suo alterato stato psico-fisico sancito dal Collegio e rappresentato anche dal fantino Luigi Bruschelli, che ha esplicitato più volte la condizione di ingestibilità del cavallo. Di conseguenza , la carriera è stata corsa solo da nove Contrade, entrate fra i canapi con lo stesso ordine.

Con l’Onda di rincorsa tra i canapi si sono allineate: Torre, Aquila, Bruco, Leocorno, Selva, Civetta, Pantera e Giraffa. A partire in testa la Selva, inseguita dalla Torre e dall’Aquila. Alla prima curva di S. Martino è la Giraffa a condurre, dietro Aquila e Torre. Stesso ordine alla curva del Casato, dove il fantino della Torre cade. Vani gli sforzi di Aquila e Leocorno. La Giraffa resta prima per tre giri fino al bandierino e celebra la sua vittoria.

Una massa umana bianca e rossa ha invaso con euforia il tufo riversandosi sotto al Palco dei Capitani per prendere l’elegante Drappellone realizzato dalla senese Laura Brocchi e dedicato ai duecento anni del Teatro dei Rozzi, una delle massime istituzioni culturali cittadine.

Tra lacrime e canti di gioia, il “Cencio”, come viene chiamato a Siena il drappo di seta dipinto che va in premio alla contrada vincitrice, è stato portato nella chiesa di Provenzano che si trova proprio nel territorio della Giraffa, per ringraziare la Madonna prima di essere depositato, per sempre, nei cuori dei contradaioli. Memoria tangibile di una festa che per conoscerla deve essere vissuta nel suo luogo di origine.

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