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Rubrica Leggerissima: “Non ci resta che piangere”, quando la comicità è elegante e senza tempo

Dopo tantissimi anni, ho rivisto “Non ci resta che piangere”, film del 1984 scritto, diretto e interpretato da Roberto Benigni e Massimo Troisi.
L’insegnante Saverio (Roberto Benigni) e il bidello Mario (Massimo Troisi), amici da una vita, sono in auto fermi a un passaggio a livello. Stanchi di aspettare che i “5, 6 o 7 treni” passino, in particolare Saverio, angosciato per la sorella “Gabriellina”, che si ritrova depressa, in ospedale, a causa della rottura con il suo fidanzato, decidono di imboccare una strada sconosciuta.

Si ritrovano così in un punto non precisato della campagna toscana del 1492 (“quasi 1500”), condizione che scoprono soltanto dopo una notte trascorsa in una locanda sperduta nel nulla. Già, perché a causa di un guasto all’auto e alla pioggia incessante della notte, i due hanno dovuto chiedere riparo. Ed è così che inizia a Frittole il loro viaggio nella Toscana del XV secolo.

Sotto shock, decidono di accettare l’ospitalità di Vitellozzo (interpretato da Carlo Monni) che racconta della terribile situazione che la sua famiglia, decimata da Giuliano del Capecchio, sta vivendo. Sono proprio i due che assistono all’assassinio del fratello minore di Vitellozzo mentre, affacciato alla finestra, stava urinando.
“Giuliano del Capecchio? Giuliano del Capecchio?! Ma che ne so chi sono, non lo so, c’è la setta d’ Andrea del Salomone con huelli di Savonarola non lo so che vogliono… fanno un casino, vengan qua, danno foco a tutto, noi s’ è sempre bujo… se ti metti un vestito più sg’hargiante ti pigliano e ti danno foco, non poi guardà le donne, non poi andà in giro, se tu tocchi le donne ti taglian la mano, ma non lo s’oh, hanno rovinatoh huesta cittadinah…M’HANNO MORTOH IL FRATELLOH PIÙ PICCINO, MALEDETTI!”

Le avventure si susseguono: Mario e Saverio conoscono Parisina, madre di Vitellozzo e del defunto Remigio e iniziano a lavorare nella loro bottega di macelleria (più Saverio in verità…). Mario non riesce ad ambientarsi, ma trova consolazione nella giovane dama Pia (Amanda Sandrelli), nel “canto” e nel gioco con “la palla”.

Gli episodi sono tutti esilaranti, la loro complicità è travolgente e noi non possiamo far altro che seguire quanto accade in un percorso che dal nord dell’Italia conduce i due fino alla Spagna. Saverio, in effetti, ha un piano: vuole scongiurare che Cristoforo Colombo scopra l’America. Durante il loro cammino, incontrano persino Leonardo da Vinci (Paolo Bonacelli) e Astriaha (Iris Peynado), una bellissima amazzone che ha il compito di proteggere proprio le navi di Colombo.

È a questo punto del film che la storia si differenzia a seconda della versione, standard o estesa. In ogni caso, i due non riusciranno a impedire che la Storia faccia il suo corso mentre viene svelato il reale motivo dell’odio di Saverio contro gli americani (l’ex fidanzato della sorella era un americano che lavorava alla Nato a Pisa).

Da sottolineare alcune curiosità: la scena in cui Benigni e Troisi scrivono la lettera a Savonarola è un omaggio a “Totò, Peppino… e la malafemmina” del 1956. Inoltre i due improvvisarono moltissime scene, dovendo poi cancellare il materiale superfluo (si nota come entrambi, a volte, ridano prima che uno dei due dica la propria battuta).

La scelta del titolo è stata spiegata da Benigni nel 2010 in occasione dell’uscita del blu-ray del film: “A Troisi dicevo: ‘ti leggo una poesia dimmi quale ti piace di più per il titolo’. Arrivato a ‘Non ci resta che piangere’ mi fermò dicendo questa mi piace. In questo modo buffo è nato il titolo della pellicola, tratto da una poesia del poeta trecentesco Francesco Petrarca”.
«Non tutto in terra è stato sepolto: vive l’amor, vive il dolore; ci è negato veder il volto regale, perciò non ci resta che piangere e ricordare.» (Francesco Petrarca, Epistola ad Barbatum sulmonensem, 1, vv. 14-16).

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