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Rubrica Leggerissima: “Il testimone invisibile”, uno dei thriller più visti in Cina

Se durante una delle prossime sere d’estate sentite la mancanza di un’atmosfera da investigatori
navigati, tipica dei libri noir e gialli o dei film dal tono poliziesco, “Il testimone invisibile” è la
pellicola che fa per voi (2018). Si tratta di un remake dello spagnolo “Contratiempo” diretto nel
2016 da Oriol Paulo che apre uno scenario di grandi aspettative per il cinema italiano. La firma è di
Stefano Mordini, la cui tecnica di regia convince ancora dopo “Pericle il nero” e “Acciaio”,
nonostante la sceneggiatura de “Il testimone invisibile” risulti a tratti macchinosa.
Un thriller fuori dai canoni, un susseguirsi di punti di vista in cui i dettagli giocano una parte
fondamentale poiché aiutano la costruzione delle “versioni” raccontate dal protagonista della storia:
Adriano Doria (interpretato da Riccardo Scamarcio), uomo del momento, ricco, giovane, sposato,
padre di una bimba, accusato dell’omicidio della sua amante, la fotografa di successo Laura Vitale
(Miriam Leone).

Adriano Doria è agli arresti domiciliari e dall’inizio del film dichiara a gran voce la sua innocenza.
Per evitare la galera, sceglie di affidarsi all’imbattibile avvocatessa penalista Virginia Ferrara la
quale, però, vuole che Adriano le racconti tutta la verità più volte e più volte ripetendo fino allo
sfinimento che “sono i dettagli plausibili a fare la differenza”.
Gli spettatori partecipano a questo dialogo che ha un ritmo più vicino alla dimensione
“dell’interrogatorio”; ne vengono rapiti, ma non lo comprendono fino in fondo: devono aspettare
fino alla fine (o quasi) per mettere insieme tutti i punti della trama, operazione che richiede anche
un certo sforzo.

Tuttavia vale la pena avere un po’ di pazienza, non lasciarsi distrarre da particolari di poco conto, e
concentrarsi su Fabrizio Bentivoglio e Maria Paiato, nel film i coniugi Garri, i cui ruoli sono
soltanto in apparenza marginali e che regalano due interpretazioni davvero coinvolgenti.
“Il testimone invisibile” è quindi una pellicola altamente professionale al di là delle possibili e
infelici “ripetizioni” ereditate in parte dai difetti della pellicola spagnola; basta ricordare la
fotografia di Luigi Martinucci dai toni plumbei; il montaggio carico di tensione di Massimo
Fiocchi; la scenografia affatto verosimile di Paolo Bonfini, e il cast che si muove tra la frenesia
(solo ipotizzata) di una nuova “Milano da bere” e i paesaggi spettacolari e immobili del Trentino.
Curiosità: “Il testimone invisibile”, prodotto da Warner Bros. Entertainment Italia e Picomedia,
distribuito a livello internazionale da True Colours, nel 2020 ha superato in Cina i 2,5 milioni di
dollari di incasso in soli tre giorni piazzandosi quarto dietro The eight hundred, Mulan e Tenet.

A cura di Simona Merlo

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