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Rubrica Leggerissima: “Il signore delle formiche”

Un film che racconta una storia triste ma che vale la pena di ricordare perché l’Italia è stata anche questa e perché sono fatti accaduti molto meno di un secolo fa.

“Il signore delle formiche” di Gianni Amelio ricorda la vicenda di Aldo Braibanti, studioso e intellettuale che a fine anni 60 venne condannato a nove anni di carcere, poi ridotti a due, con l’accusa di aver “plagiato” un ragazzo e, persino, di averlo costretto ad avere rapporti sessuali con lui.

Al di là dei personaggi che si muovono dentro una sceneggiatura un po’ ingessata, il film è interessante poiché svela il vero scopo del processo contro Braibanti: condannare l’omosessualità.

Al centro, come argomento fondamentale di quegli anni, la cosiddetta famiglia tradizionale e i relativi valori religiosi e morali.

Il titolo è stato dedicato alla grande passione del protagonista per le formiche che, infatti, ammirava, studiava i comportamenti e aveva dentro teche di vetro.

Aldo ed Edoardo hanno una storia serena e consenziente. La loro affinità viene condannata in primis dal fratello (geloso), poi dalla madre, che non solo lo “preleva con la forza” dalla pensione in cui il figlio viveva con il professore, ma lo fa “curare” in un ospedale psichiatrico (ai tempi veniva considerata una malattia e curata con elettroshock).

Lo sviluppo della trama si costruisce su un prima con vari flashback, un presente legato al processo e alle reazioni dei media e dell’opinione pubblica in particolare dei giovani e degli attivisti, e sulla fine del doppio destino, triste e separato, dei due protagonisti.

Aldo Braibanti è interpretato da Luigi Lo Cascio; Edoardo è il debuttante Leonardo Maltese. Poi ci sono vari personaggi costruiti ad hoc per raccontare tutta la vicenda dal punto di vista storico-sociale. Tra questi Ennio, il giornalista del quotidiano L’Unità interpretato dall’ eclettico Elio Germano; sua cugina Graziella con la brava Sara Serraiocco, un’attivista pro Braibanti.

Il regista ha poi omaggiato il partito radicale – che difese Braibanti e che lottò e ottenne la cancellazione del codice penale del reato di plagio – con una breve apparizione di Emma Bonino (anche se nel 1968 non faceva ancora parte del partito).

In generale il film, sebbene un po’ didascalico, svela preconcetti ancora parzialmente presenti nella nostra società e va mostrato, in particolare ai più giovani, oggi ben lontani da dimensioni di malattia e forzature mediche. Certo, la nostra realtà familiare si presenta a volte come soffocante, fomentata anche da alcuni ideali politici anacronistici, ma confido in un futuro diverso.

Simona Merlo

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