Con l’inizio dell’estate è arrivato anche nelle sale italiane “Elvis”, il film scritto e diretto da Baz Luhrmann (Moulin Rouge, Il grande Gatsby, Romeo + Giulietta, Australia…) con Austin Butler e Tom Hanks.
Il regista australiano dopo 9 anni da “Il grande Gatsby” racconta la musica e la vita del re del rock & roll, interpretato da Butler, esplorando la sua complicata relazione con il colonnello Tom Parker (Tom Hanks), suo enigmatico manager la cui visione è riassumibile nella frase: “Senza di me Elvis non sarebbe mai esistito…”.
La trama si basa sulle dinamiche che si sono sviluppate tra Elvis e Tom in circa vent’anni e sulla complessità e i cambiamenti della cultura durante quegli anni di evoluzione. Da non dimenticare il ruolo della moglie, Priscilla Presley (interpretata da Olivia DeJonge), figura fondamentale nella vita del cantante.
Baz Luhrmann, definito da tanti un regista visionario, ha cercato di ricostruire l’uomo e il mito a partire dal primo incontro di Elvis con Parker. Ma l’impresario-colonnello è davvero un personaggio così cattivo? Nel film, in effetti, emergono tante sfaccettature che mettono in evidenza il lato acerbo di Elvis, la sua “non consapevolezza” di sé e dell’effetto di ciò che i suoi movimenti sensuali scatenavano (e scatenano tuttora) nelle giovani donne americane e non.
Ma l’America degli anni ’50 non è ancora pronta a superare il forte approccio puritano dell’epoca né tantomeno il talento di un uomo sì bianco, ma comunque cresciuto a Memphis tra i neri (discriminazione e razzismo erano davvero radicati in quegli anni).
Luhrmann guida Austin Butler in questo mondo fatto di differenze, sensualità e carisma e di conquista tra scene “ricostruite” e frammenti di documentari. Una forza trascinante che porterà Elvis dritto a Las Vegas. La regia ci conquista da subito con una scelta specifica di cui però non scriverò per non rovinarvi l’impatto emotivo…
Le differenze che si colgono sono tutte tra uomo e mito dentro inquadrature necessarie e superflue che per il regista sono, in fondo, la stessa cosa: l’uomo si sgretola via via che passa il tempo mentre la vita ne divora le debolezze (come gli eccessi e lo sperpero di denaro); il mito in quanto tale è immortale e la sua musica è ancora qui, tra noi, frizzante a dimostrarlo. Mentre il ragazzino che sognava di diventare un supereroe è morto a soli 42 anni il 16 agosto 1977.