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Inaugurato a Radicofani il giardino dedicato a Gino Buricchi

A Gino Buricchi è dedicato il giardinetto che si trova alla Mossa, l’area di Radicofani compresa tra l’area camper e, significativamente, il monumento ai caduti francesi. Il cartello, offerto dal vicesindaco Matteo Rossetti, è stato scoperto ieri mattina dal sindaco Francesco Fabbrizzi, alla presenza dei rappresentanti delle forze dell’ordine, dei ragazzi delle scuole e di diversi cittadini, nonostante le avverse condizioni atmosferiche. “Abbiamo voluto onorare – sottolinea Fabbrizzi – la memoria di un nostro concittadino, sottufficiale di polizia nella Questura di Fiume durante la Seconda guerra mondiale, che si è comportato in maniera eroica”. Sicuramente ha contribuito a salvare molti ebrei e profughi, insieme al questore reggente Giovanni Palatucci, arrestato per questo motivo dai nazisti e deportato a Dachau, dove morì. Nel 1945 Buricchi poteva andarsene, ma è rimasto per tutelare la popolazione locale dopo il passaggio di fronte. Sfuggito alle ire dei tedeschi, non riuscì a evitare quella dei titini insieme ad altri graduati ed esponenti delle istituzioni italiane. Il brigadiere, nato a Radicofani, venne fucilato il 15 giugno dai partigiani jugoslavi a Grobnico, nei pressi di Fiume.

Buricchi, che era stato l’autista di Palatucci, operava in un contesto difficile. Fiume, etnicamente a maggioranza italiana e annessa al Regno d’Italia dal 1924, era sede di comandi militari e di importanti industrie belliche, quindi obiettivo di attacchi aerei da parte degli Alleati e di incursioni dei partigiani jugoslavi. A partire dall’8 settembre 1943, molti appartenenti alla polizia di Fiume cercarono di frapporsi tra i contendenti per proteggere la popolazione. Quando le truppe partigiane jugoslave fecero ingresso a Fiume il 3 Maggio, gli agenti della Questura rimasero quasi tutti al loro posto ritenendo di non essersi compromessi con le atrocità dei fascisti e degli occupanti tedeschi, essendosi limitati a difendere la popolazione civile. Molti degli agenti si presentarono in servizio in Questura, ma lì vennero arrestati dagli uomini del servizio segreto jugoslavo. Alcuni vennero fucilati nei giorni successivi nel campo di Grobnico o gettati in mare o nelle foibe carsiche fuori della città, altri ancora vennero deportati in campi di prigionia della Jugoslavia dove la maggior parte morì per maltrattamenti e malattie. Come nel resto della Venezia Giulia e della Dalmazia la repressione a Fiume si estese a tutti gli italiani della città, coinvolgendo oltre agli uomini delle forze dell’ordine e ai militari italiani anche gli esponenti della Resistenza antifascista italiana e gli autonomisti fiumani.

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