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Teatro Povero di Montichiello, al via la 49° edizione

Al via da domani la 49° edizione del Teatro Povero di Montichiello. Dal 25 luglio al 15 agosto andrà infatti in scena Il paese che manca: una drammaturgia partecipata da un intero paese che si interroga su questioni cruciali per la comunità, in cui chi guarda può di riflesso riconoscersi e ritrovarsi. Tradizione sperimentale che ogni anno propone un nuovo testo, gli spettacoli del Teatro Povero sono ideati, discussi e recitati dagli abitanti attori, sotto la guida e per la regia di Andrea Cresti. Nella cornice della Val d’Orcia dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, un viaggio teatrale nell’anima espressiva della Toscana.

Questa mattina ai microfoni di antennaradioesse è intervenuto il direttore artistico Andrea Cresti: “in questi 40 anni il Teatro Povero di Montichiello è mutato con il trasformarsi della società e del nostro borgo. Abbiamo passato anche momento molto difficili sia da un punto di vista economico che a livello di confronto volto alla realizzazione dello spettacolo. Ogni volta che diamo vita ad uno spettacolo dietro c’è un lavoro di un intenso anno di lavoro. Ogni volta però abbiamo superato le difficoltà realizzando opere sempre migliori.”

È dal 1967 che ogni estate a Monticchiello si torna ‘in piazza’ per un’esperienza teatrale seguita da migliaia di spettatori, un pubblico affezionato cui si aggiunge l’interesse di molti addetti ai lavori, uomini di teatro ma anche sociologi e antropologi. Un teatro, quello del borgo toscano, nato dalla crisi del mondo mezzadrile-contadino, patrimonio culturale e umano comune a buona parte d’Italia almeno fino alla grande trasformazione degli anni Cinquanta e Sessanta.
Giunto alla soglia dei cinquant’anni, che saranno festeggiati il prossimo anno, il Teatro Povero è oggi una realtà culturale e sociale attiva 360 giorni all’anno, che affianca alle attività culturali la gestione di servizi sociali, sostegno alla comunità, attività di inclusione, integrazione e formazione: un’esperienza basata in gran parte sul volontariato, che cerca caparbiamente di opporsi alle logiche di marginalizzazione dei piccoli centri.

Alle spalle di ogni spettacolo del Teatro Povero vi è un lungo percorso partecipativo: da gennaio iniziano le assemblee pubbliche, aperte a chiunque desideri collaborare oltreché ai membri della compagnia; si comincia così a raccogliere spunti e riflessioni fino ad arrivare ai temi ritenuti urgenti per l’anno in corso. Da qui parte la discussione collettiva che porta al soggetto e poi al copione. Un lungo percorso di creazione condivisa da cui prende vita l’autodramma: questa la definizione coniata da Giorgio Strehler per l’esperimento sociale e teatrale di Monticchiello. Momento di comunione con il pubblico, ogni spettacolo è il tentativo di questa piccola comunità di creare un senso condiviso delle trasformazioni in corso, delle nuove sfide, riavvolgendo ogni volta quel tenue filo rosso che riporta alle origini culturali, sociali e umane di quest’esperienza.

Lo spettacolo del 2015 prende avvio da una riflessione sull’andarsene: un tempo, anche qui, per fuggire da condizioni difficili, spesso dalla povertà, da una storia comune di emarginazione sociale e culturale. In cerca di un riscatto. Oggi perché il paese offre poche possibilità e il tessuto sociale sembra sgretolarsi, lasciando tra le sue macerie confusi incubi di dismissioni e impotenza civile che inquietano e disorientano. Così, in un piccolo paese di provincia, una comunità si ritrova incerta di fronte a una festa: quella dell’ultimo ventenne rimasto. Compleanno ma forse anche festa d’addio per un’ennesima partenza cui non sembrano darsi alternative. I più anziani, le generazioni precedenti, non hanno neanche questa possibilità: troppo difficile per loro andarsene. Dovranno assistere così allo smantellamento degli ultimi baluardi sociali, di quei connettivi che ancora testimonierebbero la presenza di una società: l’ufficio postale, la scuola, i servizi…
Ma cosa significa davvero partire? È una condanna o una possibilità? Una resa o una reazione? Oppure soltanto un gioco del destino? Perché poi, mentre molti partono, tanti altri arrivano: migrazioni da una parte all’altra, mari da attraversare, confini incisi sulla carta e poi sulla pelle. Talvolta uscendone feriti, offesi, costretti alla resa. Talaltra, nonostante tutto, trovando una nuova energia che permetterà poi di tornare, lottare, ricostruire. Affrontando i propri incubi… E intanto su tutti regna il ghigno di un misterioso Giocattolaio, un po’ matto un po’ santo, in cui ciascuno vede ciò che vuol vedere: paure e inquietudini, attese o speranze.

Lo spettacolo si svolgerà come sempre nel cuore del borgo medievale posto al centro della Val d’Orcia, area dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO per la bellezza dei suoi paesaggi collinari. Nella piazza di Monticchiello ogni anno le maestranze del Teatro Povero allestiscono un nuovo palco che è macchina teatrale e scenografica assieme, in dialogo con le pietre e le facciate delle case, con gli alti statuari cipressi, le slanciate mura duecentesche della chiesa. Un’atmosfera dalla cui forza materica, sottolineata quest’anno da una scenografia lignea, prende vita uno spettacolo prima realistico, poi lentamente declinante in un mondo onirico e animato da un coro di voci popolari: quelle di una compagnia che ogni anno porta in scena non meno di quaranta attori di ogni età, in cui i giovanissimi imparano a stare sul palco dai nonni e dai genitori.

Il Teatro Povero di Monticchiello ha il sostegno del Comune di Pienza e negli anni è stato sostenuto da Regione Toscana.

Appuntamento imperdibile anche quello con la Taverna di Bronzone, lo “storico” ristorante gestito dal Teatro Povero e aperto prima, dopo e durante lo spettacolo: la migliore tradizione culinaria locale, con piatti a chilometro zero tra cui i famosi “pici”, la pasta fatta a mano più conosciuta della Val d’Orcia. La Taverna sarà aperta a pranzo e a cena dal 25 luglio al 16 agosto.

Qui potete ascoltare l’intervista completa ad Andrea Cresti

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