Per capire le parole non basta una vita, intuirne la forza è invece questione di un attimo, e chi “fa e usa” la comunicazione – specie in politica – lo sa bene.
“La nuova manomissione delle parole” di Gianrico Carofiglio è un regalo dello scorso Natale, una sorpresa stimolante. Il libro è, in qualche modo, la versione aggiornata del precedente “La manomissione delle parole” (Rizzoli, 2010), una sorta di saggio nato per volontà dei lettori.
Proprio così: nel romanzo “Ragionevoli dubbi” (Sellerio, 2006), il protagonista Guido Guerrieri, avvocato, cita un testo dal medesimo titolo, e ne trascrive alcune parti. Informazioni “escogitate”, inventate ma utili alla storia, eppure considerate così vere dai lettori da costringere Carofiglio a scriverlo sul serio ‘sto saggio sulle parole. E aggiungo: per fortuna.
Il libro racconta in maniera lineare una verità troppo spesso sottovalutata e cioè che le parole non sono entità senza consistenza, senza peso. Le parole sono “atti”, sono meccanismi potenti che “creano” conseguenze.
Democrazia, libertà, Verbo, vergogna, giustizia, ribellione, bellezza, scelta, popolo: ah quanto mi sono divertita! Lo studio dell’autore si concentra sui termini centrali all’interno del dibattito politico, ne svela i significati distorti, il perché la sacralità della parola in sé venga così spesso manipolata.
Non è però un’analisi noiosa quella che ci propone Carofiglio, è piuttosto un viaggio nella società attraverso i suoni delle parole.
A pagina 34 ad esempio si legge: “George Steiner ha osservato che le ideologie cosiddette competitive, come il nazismo – e io aggiungerei: il fascismo e altre, meno palesemente totalitarie, che oggi si stanno diffondendo anche in Europa -, non producono lingue creative, e solo di rado elaborano nuovi termini: molto più spesso ‘saccheggiano e decompongono la lingua della comunità’, manipolandola e usandola come un’arma”.
Nel libro dello scrittore pugliese, inoltre, ci sono citazioni, testi di altri scrittori, di cantanti; pensieri di filosofi e di politici. E mentre si va avanti tra le pagine, magari con un vocabolario accanto (oppure online), la mente si ferma a quanto sia più semplice omologarsi: così nel mondo di oggi tutti parlano, quasi sempre urlano, ma in pochi riflettono alle proprie responsabilità individuali.
How many times can a man turn his head
Pretending that he just doesn’t see
Quante volte un uomo può voltare la testa
facendo finta semplicemente di non vedere
da Blowin’ in the Wind di Bob Dylan
—
#smwriter #bottegascrittura
FB @MerloScrittrice
IG @s.m.writer
TW @MerloSimona