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Rubrica Leggerissima: Belfast, il regista Kenneth Branagh ci fa viaggiare nella sua infanzia

L’articolo che stai per leggere l’ho scritto e riscritto varie volte. Il motivo? Non facevo che partire dalla trama del film “Belfast” e scrivere di guerra; ma non è questa la chiave di lettura con cui voglio raccontare l’ultimo lavoro di Kenneth Branagh.

Belfast, pellicola in bianco e nero tranne per alcuni particolari, anno 2021, autobiografica in parte, narra l’infanzia del regista nella capitale dell’Irlanda del Nord sul cui sfondo si muoveva il conflitto nordirlandese (in inglese The Troubles).

Nonostante sia importante conoscere meglio e in profondità la “questione irlandese”, in poche righe è piuttosto difficile darne un quadro esaustivo e riassumere tutti gli eventi, le rappresaglie, gli incontri, i morti in oltre 30 anni di storia. E a onor del vero, sotto l’aspetto meramente storico, cosa avrebbe potuto dire ancora e di più anche Kenneth Branagh?

Nulla, forse, ma a mio parere uno dei motivi che rendono Belfast un film da vedere riguarda proprio la scelta intima e narrativa del regista, sceneggiatore e co-produttore Branagh: il filo che costruisce la trama viene tessuto infatti dal piccolo Buddy (interpretato da Jude Hill) e un ragazzino desidera ben altro della violenza.

Così dalle prime scene a colori della città, ci si ritrova a osservare in bianco e nero le dinamiche di una famiglia protestante dell’Ulster durante gli anni dei Troubles; e questa voglia di sapere che cosa succede e perché succede è sì importante, ma mai quanto le paure e le curiosità di un ragazzino di 9 anni: la vera voce narrante del film.

Si viene travolti dallo sguardo di Buddy a tal punto che si perdonano al regista la continua ricercatezza della perfezione ora nell’inquadratura, nei primi piani; ora nelle battute, ironiche e non, dalla tempistica inappuntabile.

La voglia di perfezione avrebbe potuto intaccare la spontaneità del punto di vista.

Il film, invece, scorre bene e racconta la scelta della famiglia di Buddy: restare a Belfast o andar via? Il padre, appartenente alla classe operaia, lavora in Inghilterra, mentre la madre, il fratello maggiore Will e i nonni paterni vivono a Belfast. Che cosa decideranno di fare dopo le rivolte dell’agosto 1969 quando un gruppo di lealisti protestanti attacca le case e le attività dei cattolici proprio nella loro strada?

Non lo svelo, ma posso fornire qualche numero: secondo il regista Paul Schrader, Belfast è il quinto miglior film del 2021; ha ottenuto 7 candidature agli Oscar 2022 (miglior: film, regia, attore non protagonista a Ciarán Hinds, attrice non protagonista a Judi Dench; sceneggiatura originale; sonoro a Denise Yarde, Simon Chase, James Mather e Niv Adiri; e miglior canzone a Van Morrison per Down To Joy). Kenneth Branagh ha inoltre ricevuto il Golden Globe 2022 come miglior sceneggiatura e un altro miliardo di candidature e premi vinti!

Infine la risposta alle “nefandezze” di cui l’essere umano è capace sta tutta nella bellezza della gioia e dell’allegria condivisa, nella libertà di sognare e di vivere: non a tutti, ancora oggi nel 2022, è però permesso.


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