Iscritta la squadra e prossima al termine la costruzione del roster, gli impegni della quotidianità di Mens Sana sono tutti in funzione della logistica, del lancio della campagna abbonamenti, della programmazione per la prossima stagione e naturalmente di completamento della ristrutturazione del debito. Momento ottimo quindi per fare due chiacchiere con il presidente Massimo Macchi.
Presidente Macchi la nuova stagione della Mens Sana Basket sta iniziando. Non conosceremo che tra qualche tempo gli esiti delle due capitalizzazioni, ma si può dire con certezza che questa Mens Sana ora è targata Macchi …
“Lo si può dire, e in effetti siamo noi a prendere tutte le decisioni strategiche o siamo a noi a delegare figure sociali perché le prendano al nostro posto. Fino all’ultimo sarò fiducioso che le altre componenti sociali concorreranno all’innalzamento di capitale che abbiamo dovuto promuovere in base a una stima delle risorse che servivano a Mens Sana per completare la passata stagione. Se questo non avverrà, ce ne faremo una ragione e ci prenderemo le nostre responsabilità. Della passata stagione non ho voluto dare commenti finora perché l’ho sentita mia fino a un certo punto. Il nostro ruolo doveva essere supportivo di altre componenti e l’averlo dovuto mutare così tante volte in una sola stagione mi ha turbato. Capisce che è diverso quando si va a cena con gli amici e al termine si vuole offrir loro la cena rispetto a quando la si deve pagare perché tutti si sono alzati prima e se ne sono andati. Sempre di una cena si tratta, ma nell’un caso l’effetto non lascia un buon sapore in bocca”.
Quello che dice è ormai il suo tormentone, l’averlo ripetuto anche all’assemblea di “Io Tifo Mens Sana” l’ha portato ad avere la nomea di affabulatore …
“Essere definito affabulatore non lo considero un insulto, tuttavia mi lasci dire che ho raggiunto da un po’ l’età della ragione e il controllo razionale delle mie emozioni; se quindi ripeto un concetto è perché ho la sensazione che non sia stato afferrato nella sua interezza dall’opinione pubblica. Ed è necessario che questo avvenga perché conto molto sulla comprensione e sulla solidarietà delle molte persone che, come me, hanno a cuore l’esistenza e lo sviluppo della Mens Sana. Se la mia famiglia non si esprimeva così come ha fatto, se decideva di consolidare la perdita solo per la propria parte, i libri contabili della Società sarebbero nuovamente in Tribunale già da qualche mese. Questo è un fatto di tutt’altro valore rispetto alla domanda sempre più pressante riguardo al perché i Macchi siano qui a Siena e cosa abbiano da guadagnarci”.
Già, gliel’ha chiesto rispettosamente anche Emilio Tonini, eminentissimo ex dirigente di Mps e Fondazione, all’assemblea dei tifosi …
“Una figura intellettualmente superiore con la quale, più che interloquire in un consesso, mi piacerebbe parlare da amico ed i cui punti di vista potrebbero essermi utili. Do per certa la sua passione per la Mens Sana conoscendo l’impegno dei suoi familiari. Forse gli devo una risposta più chiara. Sono a Siena innanzitutto per una scelta di vita. Ho un unico figlio, Filippo, che amo senza riserve; negli ultimi anni siamo stati lontani l’uno dall’altro, diverse città, diversi interessi, diverse occupazioni. Era giunto il momento che passassi a lui quello che definisco un vero e proprio capitale di contatti e relazioni internazionali, maturato in anni alla guida di imprese di successo. Per far questo era necessario condividere il nostro tempo in una città adatta e con un’occupazione comune. La Mens Sana e Siena ci hanno consentito di iniziare questo percorso. Ora è chiaro che la Mens Sana non potrà restare a lungo una società che perde mezzo milione l’anno e viene salvata prima dai tifosi e poi dai Macchi. Il nostro obbiettivo è che la Mens Sana si avvii a un pareggio di conti, dia lavoro a persone meritevoli e magari consenta anche a noi di prendere un compenso per le molte ore dedicatevi. Per far questo stiamo costruendo un gruppo dirigente ristretto e affiatato che avrà come obiettivo massimizzare i ricavi sia rendendo più appetibile la frequenza del Palazzo ai tifosi, possibilmente vincendo, sia valorizzando l’apporto degli sponsor non facendo mancare loro quel ritorno di immagine che pagano per avere. A mio parere Mens Sana, né oggi né domani, potrà garantire utili di esercizio, ma solo reggersi in piedi da sola. Questo sarebbe già un successo”.
Tutto qui? Un luogo per vivere e lavorare insieme? Ma il vostro investimento quando lo riprenderete e come?
“Mi lasci iniziare il percorso che definisce ‘targato Macchi’ e guadagnarmi un diritto di cittadinanza che voi senesi siete abbastanza avari nel concedere. Ottenere quanto ho detto è per me già importante, il resto verrà. Come questo possa avvenire glielo posso dire in termini onirici, perché comporta intese e accordi che oggi sono solo in fase nascente. Intanto l’area del Palazzo può essere elemento di business, sono migliaia e migliaia le frequenze a settimana per l’utilizzo di impianti di proprietà della Polisportiva che pur nei suoi sforzi per renderli decorosi, si fanno, di anno in anno, meno adeguati. Lo scorso annata un grave problema fu l’impianto elettrico e anche le coperture del Palazzo non sempre si sono mostrate all’altezza: si va verso un punto di non ritorno e una decisione va presa. Entrambi i candidati che si sono disputati la carica di sindaco hanno ipotizzato un intervento più o meno impattante della municipalità. L’attuale sindaco avv. Luigi De Mossi si è dimostrato più possibilista sulla concorrenza di un intervento di privati nella soluzione del problema. Chiamai ‘Siena Sport Network’ la società che costituii con l’amico Pietro Mele per gestire la nostra partecipazione in Mens Sana, convinto dalla capacità dello sport di far rete (network, cioè) e di sviluppare processi edilizi, commerciali e di svago e spettacolo a suo contorno. Tutto questo, posto che si mettano a sedere le persone giuste, e senz’altro dando per necessario che questo avvenga con il crisma della municipalità, può essere affrontato. Lo scopo deve essere che quell’importante porzione della collettività che fruisce dei servizi dell’area, possa contare su una struttura appetibile per lo svago e la partecipazione, anche di base, alle discipline sportive”.
Il suo approccio alla questione è quindi di investire ancora per poter guadagnare?
“Sì, e anche no. Vede, la mia credibilità nel mondo delle imprese me la sono creata più come top manager che come imprenditore. Ed era questa soprattutto l’opzione che intendevo giocarmi alla Mens Sana, più che dovermi confrontare con continui e imprevisti movimenti di patrimonializzazione. So per certo che un progetto di investimento da me curato e proposto non avrebbe difficoltà insormontabili a trovare investitori interessati a realizzarlo. Sono una persona in grado di far arrivare alla città risorse dall’esterno. Risorse che la città ha tutto per meritarsi quanto a bellezza, ambiente e tradizione, ma per le quali servono relazioni e credibilità internazionale che vanno maturate negli anni e che io invece possiedo oggi. Quindi, mi dia il tempo di avviare rapporti di prospettiva con i soggetti a me più vicini e le istituzioni e vedrà che potranno nascere opere e progetti di beneficio indistintamente per l’intera collettività”.
Ci tolga una curiosità, lei è soddisfatto dei rapporti che intrattiene con la città che conta?
“Ho conosciuto molte persone nella mia fase di approccio alla Mens Sana, molte sono senz’altro di valore a cominciare da un amico irrinunciabile come l’ingegner Pietro Mele o come il mio consulente personale di basket Gigi Cagnazzo. Alcune mi hanno deluso, forse hanno visto in me l’uomo utile a pagare il famoso conto della cena che nessuno voleva pagare, esercitando anche pratiche di rimozione sulle proprie responsabilità quando la Mens Sana da problema di tutti è divenuto solo un problema della mia famiglia, cosa che tuttora ritengo ingiusta e proditoria. Altre mi hanno impressionato per l’indipendenza di giudizio perché proprio nella peggior fase dei rumors sono venute da me per conoscere dalla mia voce la storia recente di Mens Sana. Incontro ogni giorno persone, al bar, per strada o nei ristoranti che ritengo persone genuine e importanti, ma forse non le posso includere in quel ‘Siena che conta’ che mi sta prospettando. Penso che anche per questo incontro ci vorrà del tempo, delle vittorie della Mens Sana, delle occasioni giuste da creare. Non sono stupito dal fatto che quando tutto cambia così velocemente, una certa parte della società mantenga profili più riservati. Da parte mia ho dato disposizioni di organizzarmi un percorso che mi porti a conoscere i vertici delle categorie economiche per un primo contatto, senza chiedere o dare, al solo scopo di conoscersi e condividere idee di sviluppo per la città”.
Torniamo ai vettori economici. Non ci ha parlato di quel brand che la Mens Sana possiede e di per se stesso è viatico per lucrare …
“Che brutto verbo. Non fa parte di quelli che utilizzo frequentemente. Fare leva sui valori di un brand per ottenere ricavi profittevoli è l’obbiettivo al quale ho dedicato la mia vita lavorativa. Ho consolidato la mia esperienza nel mondo del lusso, un mondo ove i fattori chiave di successo sono l’immagine e il prodotto, un mondo dove è fondamentale creare prodotti icona che danno sostanza a marchi che fanno sognare i consumatori. La massimizzazione dei risultati si ottiene quando il risultato dei nostri sforzi origina un brand noto che soddisfa i desideri dei consumatori. Ho parlato di lusso, ma se ci pensa bene questa è anche la mission della Mens Sana: avere un team che faccia diventare il nostro brand il sogno dei nostri clienti… i tifosi. Mens Sana è un brand che ha fatto sognare, la gente lo sa e questa è la sua ricchezza. Mens Sana, due parole che significano appartenenza, successo o dream come direbbero gli americani. Sta a noi recuperare questo sinonimo che qualche anno di difficoltà non ha ancora annacquato con iniziative dirette a costruire intorno a Mens Sana un nuovo successo. Sta a noi convincere i nostri potenziali partner aziendali dell’incredibile opportunità che si offre loro per la promozione dei loro prodotti, un lavoro che necessita uno sforzo quantomeno a medio termine”