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Filctem Cgil: “Quella di venerdì per molti ricercatori sarà una notte senza stelle”

Anche quest’anno Siena darà vita, assieme ad altre 300 città europee, a quella che è stata battezzata “La Notte dei Ricercatori”.

Iniziativa lodevole quella che si terrà venerdì 25 settembre, che ha il compito di ricordare quanto sia importante per la nostra città favorire investimenti e creare occasioni di studio e lavoro nel variegato mondo della scienza. Ma per alcuni, che ricercatori lo sono da tempo, sarà una notte molto buia, ad esempio per i lavoratori licenziati circa tre mesi fa dalla Siena Biotech.

Una cinquantina di persone che della ricerca nel campo delle biotecnologie e di soluzioni per le malattie rare ne avevano fatto una loro ragione di vita professionale, percorso interrotto per decisione della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, quella stessa istituzione che per statuto avrebbe dovuto perseguire, fra gli altri, fini di utilità sociale nei settori della ricerca scientifica e della sanità.
Solo una parte di queste persone ad oggi ha in corso un nuovo rapporto di lavoro, e nella maggior parte con contratto a termine. Altri continuano senza sosta ad inviare curricula nella speranza di ottenere almeno un colloquio di lavoro. Alcuni, ormai, non vedono altra possibilità se non quella di un impiego oltre i confini nazionali.
Questo è: la ricerca in Italia soffre di una malattia a quanto pare incurabile, e il primo sintomo è un’inarrestabile emorragia di saperi – i cosiddetti ‘cervelli in fuga’ – che difficilmente nel breve termine potrà essere arrestata.
Va bene, anzi benissimo, dare spazio ad iniziative come quelle della Notte dei Ricercatori, sempre che il tutto non diventi una serie di intrattenimenti e curiosità fine a se stessa che stimolata la fantasia dei più giovani non si traduca poi per molti in delusione delle aspettative, per l’incapacità di un sistema politico, istituzionale e imprenditoriale di saper davvero investire sulla ricerca e sul futuro dell’Italia, di Siena e della sua provincia.
Le iscrizioni degli studenti stranieri nelle nostre università, ad esempio, sono aumentate nell’arco degli anni, ma è altrettanto innegabile che una volta apprese le necessarie conoscenze la stragrande maggioranza di questi studenti se ne ritorna nella nazione di provenienza. Un dato che poi fa riflettere è quello scaturito da una recente indagine commissionata da Fondazione Cariplo, Intesa San Paolo e Università Cattolica, soggetti da non annoverare di certo fra i gufi rivoluzionari: tra i giovani laureati ben l’86% ha dichiarato di voler lasciare presto l’Italia non vedendo concrete possibilità di impiego nei settori per i quali ha studiato.
Uno strano modo di intendere il termine ‘investimento scientifico’: prepariamo culturalmente e tecnicamente le nuove generazioni, fatte di italiani e non, e poi facciamo di tutto affinché i frutti siano colti da altri.

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