Alla vigilia di fine 2022 esce un quadro della sanità territoriale che tiene, ma fa dell’emergenza una condizione di ordinaria amministrazione. Dal punto di vista sanitario il 2022 è l’anno della pandemia, divenuta endemica: il Covid c’è, ma organizzazione, strutture e percorsi consentono di convivere col virus.
Dal punto di vista economico la sanità ‘va in cantiere’, ovvero avvia milionari progetti sostenuti da fondi Pnrr; anche se ora si ritrova ad affrontare milionarie spese energetiche. Infine da sanitaria l’emergenza diventa anche ‘sociale’: la pandemia ha lasciato nervi scoperti e categorie fragili sempre più bisognose.
E’ questo il quadro tracciato ieri dai vertici aziendali dell’Asl Sud Est nella relazione di fine anno, riportato dal quotidiano La Nazione. «Quello del 2022 è un bilancio complicato – inizia il dg Antonio D’Urso – per un’azienda che copre tre province, il 51% del territorio toscano, con il 30% di popolazione. Questa Azienda ha gestito il Covid e ripreso dopo il Covid; un’azienda in carreggiata pronta ad affrontare le sfide del 2023.
Il bilancio di Arezzo è di una provincia che ha recuperato tutta l’attività chirurgica e ambulatoriale, un risultato ottimo. Così come quello di Grosseto, con qualche difficoltà nell’attività specialistica e ambulatoriale dove non abbiamo ancora raggiunto valori accettabili nella diagnostica. I risultati di Siena sono influenzati dalla presenza delle Scotte, oltre ai nostri ospedali, dove comunque abbiamo recuperato attività chirurgica e ambulatoriale».
«Lo stato di salute della sanità locale è in linea con quella nazionale – prosegue il dg –: sulle nostre spalle sono finite prima le spese della pandemia, poi il caro-energia: le bollette sono passate da 14 milioni del 2019a 32 di quest’anno. Eppure produciamo autonomamente il 30% dell’energia che consumiamo, grazie a impianti fotovoltaici e cogeneratori». Ecco dunque, nel dettaglio, il quadro Asl Sudest tracciato: l’Azienda è suddivisa in 10 Zone distretto/SdS, ha 13 ospedali, con 251mila accessi nel 2022 e 24 Case della salute: nell’ultimo anno sono state erogate 11,3 milioni di prestazioni ambulatoriali; sono 11mila circa i dipendenti, con incremento di un migliaio di unità rispetto al pre-Covid e 67 primari nominati.
Sul fronte amministrativo la direttrice Antonella Valeri ha parlato di ‘sanità in cantiere’, grazie ai finanziamenti in arrivo: a partire dai 78 milioni di fondi Pnrr, impiegati per realizzare 19 Case di Comunità (6 Grosseto, 7 Arezzo, 6 Siena), 6 ospedali di comunità (2 Grosseto, 3 Arezzo, 1 Siena), 8 Centrali operative territoriali (2 Grosseto, 3 Arezzo, 3 Siena). «Per tutti è stata ultimata la progettazione – dice la direttrice Valeri – e nel 2023 Invitalia bandirà gli appalti e partiranno i cantieri». Ai fondi Pnrr si aggiungono 166 milioni dall’ex articolo 20 per la ristrutturazione di alcuni ospedali, fra i quali è già partito il cantiere del San Niccolò a Siena.
Ci sono poi 19 milioni dal decreto 34 del 2020 per implemento terapie intensive; più altri 12 milioni per l’acquisto di tecnologia e per la telemedicina. E’ la direttrice sanitaria Simona Dei a indicare la direzione clinico assistenziale: «La mortalità è in diminuzione, la più bassa in Toscana – inizia –; abbiamo la prevalenza del diabete più bassa nella regione, così come più basso è il rischio di morte post infarto. Dove andiamo?
Verso gli Acot e l’infermiere di famiglia e comunità: sono 117 ad Arezzo, 106 a Siena e 108 a Grosseto. Il teleconsulto ha visto 5.623 accessi nel 2022 e le televisite sono state 14.104». In chiusura i servizi sociali: «Il mondo delle rsa è stato investito dal Covid e ancora soffre – dice la direttrice Patrizia Castellucci –. Tutto sommato il sistema regge. Le strutture sociosanitarie, 276 in tutto, sono vigilate: nel 2022 abbiamo effettuato 443 verbali di accertamento».
«In periferia pochi medici di famiglia»
«C’è un problema medici di medicina generale, soprattutto nelle aree periferiche», dice Simona Dei. direttore sanitario Asl Sud Est: la sanità territoriale soffre la mancanza di professionisti. E’ il problema cronico legato a Medicina, corso di laurea a numero chiuso, che non soddisfa le necessità della sanità e che con l’imbuto delle scuole di specializzazione lascia a piedi tanti, che sul territorio invece servono a coprire servizi primari.
«Per ora abbiamo sopperito alla mancanza di medici di famiglia – ancora la Dei – con incarichi a tempo, che per alcune aree non hanno visto candidati; in alcuni casi abbiamo ampliato l’attività di medici già in convenzione; poi abbiamo coinvolto la continuità assistenziale; infine abbiamo chiesto alla Regione di utilizzare le Uca (ex Usca dei tempi Covid) e la formazione di giovani medici».
«Il problema è nella programmazione universitaria, fra numeri chiusi e scuole. Le carenze sono soprattutto in alcune specialità – aggiunge il dg D’Urso –. I neolaureati scelgono specializzazioni più attrattive. Non si vuole lavorare in Pronto soccorso».