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Mens Sana, Andrea Casella: “Siena è un sogno che si realizza”

Il pisano Andrea Casella anziché restare sull’uscio è entrato dritto nel cuore dei tifosi mensanini. È bastato un videomessaggio di saluto nel giorno della sua prima visita in Viale Sclavo per conquistare tutti. I numeri dei social biancoverdi non mentono: qualche migliaio di visualizzazioni su Facebook, centinaia di “Mi piace” e di condivisioni e tanti commenti di apprezzamento per le parole del nuovo giocatore biancoverde.

L’ambientamento a Siena, per l’ex Dinamica Mantova, non sarà dunque un problema anche se ad attenderlo in città non ci sarà un amico di vecchia data, l’ex Robur Ettore Mendicino tornato a Cosenza. “Con SuperMendo ci sentiamo spesso, ci conosciamo dai tempi dell’università e anche con Tremolada (centrocampista ex Arezzo, ndr) siamo molto legati. Sono due calciatori ‘atipici’ perché il basket è la loro vita: magari verranno a vedermi al Palasport” racconta Casella.

Con un videomessaggio hai già conquistato i tifosi: te lo aspettavi?

«Siamo toscani, c’è sempre quel qualcosa in più. Per queste cose siamo nati apposta (ride, ndr)».

Tre parole che ti descrivono.

«Di solito mi diverto. Ah sono quattro? Allora con ‘di solito’ scritto tutto attaccato. A parte scherzi, direi parecchio sanguigno, divertente e abbastanza cazzuto».

Come è stato il tuo primo approccio con la città?

«Eccezionale. Sono venuto tante volte a giocare al palazzetto a Siena e tutte le volte era un sogno solo essere lì. Ora conoscere il dietro le quinte della società, entrare al palasport dalla porta di casa è un bello stimolo. Sto vivendo le emozioni che avrei voluto provare quando ero avversario della Mens Sana nelle giovanili».

Una cosa che farai a Siena nel primo giorno libero?

«Un giro per il centro storico di sicuro. Per come sono fatto mi piace molto vivere la città e scoprire tutto quello che offre. L’ho sempre fatto nei posti dove ho giocato finora e poi ho tanti amici a Siena che mi daranno una mano. Anche qualche bel ristorantino ma senza dirlo al Presidente Bagatta…».

Sei laureato in scienze e tecniche psicologiche. Casella psicologo anche in campo?

«In campo mi serve lo psichiatra…Scherzi a parte provo a mettere in campo le qualità umane e anche le conoscenze di questo percorso di studi. Possono servire per aiutare i miei compagni e la squadra, per poter remare tutti nella stessa direzione».

A soli 27 anni sarai, con Elston Turner, il giocatore più “grande” del roster dopo Lestini: tutta esperienza al servizio dei compagni?

«Assolutamente sì. E mi sento pronto anche per una bella tinta per i capelli bianchi. Ironia a parte, credo che questa esperienza potrà farmi crescere con il supporto dei compagni e anche io potrò aiutarli a completare il loro percorso di maturazione».

Il tuo ruolo in campo: preferisci giocare da ala piccola?

«Nasco sicuramente come 3 ma a seconda delle situazioni posso adattarmi un po’ a tutto. Nella pallacanestro moderna la differenza tra ruoli è sempre meno marcata e più che le qualità tecniche, a mio parere, serve l’energia giusta per coprire un certo ruolo».

Insieme al tuo acquisto la società ha annunciato anche gli arrivi di Turner, Lestini, Sandri e il rinnovo di Saccaggi. Il tuo giudizio sul mercato in attesa del secondo americano?

«La Mens Sana che sta nascendo mi piace molto. Conosco praticamente tutti i nuovi arrivati e in particolare Sandri, che è anche un grande amico e secondo me anche un gran giocatore».

L’obiettivo stagionale?

«Intanto bisogna rimanere con i piedi per terra e non fare troppi calcoli. Il roster è ottimo e c’è la possibilità di fare veramente bene ma ora serve tempo per formare il gruppo».

L’anno scorso hai giocato a Mantova, nel girone Est. È davvero più difficile di quello Ovest come dicono in molti?

«Sono due gironi difficili entrambi, ognuno a modo suo. Quello Est probabilmente è un po’ più equilibrato e omogeneo: l’anno scorso vincevi due partite ed eri tra le prime quattro, ne perdevi due e ti ritrovavi in zona playout. A Ovest invece ci sono state due/tre squadre che sono scappate via subito. Comunque in questi discorsi ognuno tira l’acqua al suo mulino: alla fine poi parla il campo».

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